PEDAGOGIA: Illuminismo ed Empirismo
Nel corso del settecento in tutto il continente europeo ebbe luogo un intenso dibattito sui metodi sui fini dell'educazione e dell'istruzione. Questo dibattito determinò a ripensamento di molte delle pratiche sino ad allora impiegate nell'allevamento e nell'educazione dei figli all'interno delle famiglie e comportò una revisione dell'organizzazione e della gestione delle scuole da parte delle monarchie assolutistiche.
Si tratta di un processo che investituti i paesi europei, e contribuì al superamento di quelle che erano state le teorie e le pratiche pedagogiche tipiche dell'Antico regime.
Uno dei fattori che portarono a ripensamento dei compiti e delle finalità dell'educazione fu senz'altro l'affermarsi di una diversa concezione delle facoltà cognitive dell'uomo, che ebbe tra i suoi ispiratori John Locke.
Nel settecento si fece largo, una nuova idea del funzionamento della mente e della capacità di apprendimento.
La teoria dell'innatismo entrò in crisi, per questo il compito fondamentale dell'educazione specialmente nell'infanzia, era quello di risvegliare tale idea con lo studio della religione, al fine di condurre il bambino sulla strada della salvezza eterna. La migliore conoscenza dei processi mentali dell'essere umano portando a individuare l'origine della conoscenza nell’esperienza e nelle capacità sensoriali e intellettive dell'individuo.
Da qui nacque la corrente filosofica nota come empirismo, secondo la quale l'uomo, oltre a non possedere alcuni dei nah, per ricrescere e svilupparsi ha bisogno di poter conoscere il mondo per mezzo dell'esperienza.
Nel rendere possibile miglioramento nel corso del XVIII secolo della conoscenza dei processi cognitivi dell'uomo, fosse importante il contributo della ricerca medica, oltre a quello della filosofia. La medicina diede ulteriore impulso agli studi sull'uomo e sui suoi meccanismi fisiologici e psichici.
Per la prima volta divenne chiara a tutti la differenza, oggi talmente nota da apparire scontata, tra adulti e bambino, e l'infanzia fu riconosciuta come unità con prerogativa e peculiari, diverse da quelle tipiche delle fasi successive della vita.
antenata della moderna pediatria, si concentrava sullo studio delle caratteristiche di infanti, la psicologia, intesa come branca della filosofia destinato a occuparsi della psiche cominciava a considerare il bambino come una tabula rasa, ovvero in quanto essere dotato unicamente dei sensi per conoscere il mondo e privo di qualunque idea è innata.
Questa moderna concezione di uomo aprì nuovi orizzonti e l'educazione. Il neonato, che veniva al mondo senza alcuna conoscenza e, ma dotato dei sensi della ragione, e quindi pronta ad apprendere aveva bisogno di imparare a servirsi degli uni e degli altri per crescere integrarsi con i suoi simili. L'infanzia cominciò così a essere pensata non più come un'età imperfetta , ma come la fase della vita da destinare all'apprendimento.
L'infanzia diventava una tappa fondamentale nello sviluppo di un individuo, a cui doveva essere permesso sia di crescere in modo sano sia di integrarsi nel suo contesto sociale, offrendo il proprio contributo al miglioramento della sua vita e di quelle dei suoi simili.
La tutela della salute dei bambini costituiva la migliore garanzia per la loro sopravvivenza e, tutt'altro che scontata in una fase storica in cui la mortalità infantile rimaneva elevatissima oltre che il fondamento di ogni educazione.
Le nuove convinzioni relative alla facoltà cognitiva e dell'uomo offrirono validi argomenti anche a coloro che virgole ormai da decenni, chiedevano un aggiornamento dei metodi di insegnamento e dei programmi scolastici. Il dibattito fu molto acceso, in quanto evidente che dietro alla scelta delle materie dei metodi didattici stavano in realtà:
- una diversa idea di scuola,
- un nuovo modello di cittadino.
Nei collegi i piani di studio e le modalità di insegnamento erano rimaste pressoché gli stessi del cinquecento. I professori normalmente si limitavano ad adottare il modello didattico tradizionale e le scuole fornivano spesso una preparazione tale allora poco utile sul piano pratico agli studenti, tra cui non si annoveravano più solo i figli delle famiglie aristocratiche, ma anche futuri mercanti, medici, avvocati, che necessitavano di una formazione più specifica.
I bambini che imparavano i rudimenti della cultura a scuola erano ancora pochi, in quanti ricchi erano seguiti, nelle loro case, dei precettori, mentre le classi più umili frequentavano scuole affollatissime, all'interno delle quali non era infrequente trovare anche più di 100 alunni.
- Si iniziò ad utilizzare la lingua volgare nella prima alfabetizzazione.
Le difficoltà derivanti da tale metodo erano quasi insormontabili per alunni che spesso parlavano come unica lingua, il dialetto e che, pertanto dovevano compiere un duplice opera di traduzione, dal latino alla lingua nazionale e da questa al dialetto per questo l'uso della lingua volgare era più comoda rispetto all'uso della lingua latina.
A livello di istruzione secondaria, in latino continuò a rappresentare la materia più importante oltre che la lingua di comunicazione per eccellenza.
Base di tutta l'istruzione, da quelle elementari sia all'Università, rimaneva la religione, considerato il fondamento di ogni forma di conoscenza, oltre che la garanzia che l'insegnante e studenti fossero in possesso della moralità necessaria a maneggiare e sapere i potenzialmente pericolosi, se affidate a persone prive di scrupoli.
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