PEDAGOGIA:Sentimento dell'infanzia e disciplinamento sociale





Della cultura umanistica, liberale e aperta alla discussione, la scuola postridentina recupera soprattutto i contenuti classici, immergendoli tuttavia in un contesto morale e religioso assai rigido; prevale una concezione dell'infanzia alquanto negativa e, dunque, i bambini vanno posti sotto il severo e attento controllo degli adulti, in particolare dei genitori; l'educazione del popolo si rende necessaria per assicurare maggiore moralità e sottrarre "alla selvatichezza" i figli dei poveri;

la realtà femminile resta subalterna a quella maschile e le aperture umanistiche restano senza seguito. L'attenzione (anche affettiva) rivolta dalle famiglie alla crescita dei figli, l'avvia- mento all'abitudine virtuosa e al comportamento coerente con i valori etici e re- ligiosi del tempo producono quello che lo storico Philippe Ariès ha definito (in un celebre saggio intitolato Padri e figli nell'Europa moderna) il moderno "senti- mento dell'infanzia", ossia una considerazione del bambino come soggetto dotato di significato proprio, figura non più soltanto biologica, ma rilevante

sul piano della vita comunitaria e dell'immaginario culturale. Non bisogna confondere la percezione che il mondo adulto ha tradizionalmente avuto dell'infanzia come "età diversa" da quella adulta e il "sentimento dell'infanzia": quest'ultimo è qualcosa di più profondo rispetto alla semplice consta- tazione della diversità tra infanzia ed età adulta ed è il segno di una attenzio- ne e sollecitudine verso l'infanzia che dà vita a una sensibilità inedita. A sua volta quest'ultima produce nuovi comportamenti dal punto di vista del costumesociale e dell'educazione. Come spiega Aries mediante un'ampia e variegata documentazione (libri di memorie, dipinti, regolamenti scolastici, manuali di buona creanza, giochi) il "sentimento dell'infanzia è espressione di un cam. biamento dalle radici profonde che affondano nella trasformazione della fa miglia in età moderna, incentrata sulla scoperta dell'affettività familiare. Con la nascita del sentimento della famiglia essa è riconosciuta come un valore non solo economico, ma anche come legame che unisce genitori e figli e, in modo tutto speciale, madre e figlio. 

Il processo di cura del figlio, che avviene inizialmente nelle famiglie aristocratiche e alto borghesi, dà avvio a un processo di vasta portata che, a poco a po co, giungerà nell'Ottocento a interessare globalmente la società occidentale. Si tratta di un evento definito dagli storici di "lunga durata" con importanti con seguenze sul piano delle pratiche educative.


Regole precise e istituzioni appropriate Il "sentimento dell'infanzia non agisce solo all'interno delle famiglie con l'aumento delle attenzioni del ge nitori verso i figli. Esso ha un riverbero anche di carattere sociale con maggio re attenzione all'efficacia dell'educazione, considerata come possibilità da una parte di dare ordine a fenomeni giudicati socialmente negativi (quali il vagabon- daggio) dall'altra di accrescere la sollecitudine per un essere che appare debole e indifeso e per questo meritevole di cura.

A mano a mano che la sollecitudine verso l'infanzia si fece più puntuale (il "sen- timento dell'infanzia") crebbe anche l'interesse per i primi anni della vita uma na, vissuti in modo più "privatizzato per i bambini delle famiglie aristocratiche o benestanti (con l'assunzione di apposito personale specializzato come balle e precettori), più socialmente disciplinati con specifici interventi mirati nel caso delle famiglie del popolo.


L'educazione dell'infanzia moderna andò così via via perdendo le caratteristi che dell'irregolarità e dell'occasionalità e si strutturò entro regole precise e isti- tuzioni create ad hoc non solo per la formazione del ceto dirigente (i collegi) o per la trasmissione di un'educazione religiosa (Scuole di Dottrina Cristiana, Calasanzio), ma in modo tendenzialmente generalizzato. Furono codificati, a loro volta, i comportamenti ritenuti socialmente apprezzabili attraverso i quali disciplinare il corpo, il linguaggio, i rapporti sociali, gli apprendimenti scolastici.

Il disciplinamento dell'infanzia Queste vicende s'intrecciarono con la preoccupazione che fin dall'infanzia si agisse nel senso del "disciplinamento sociale". Con questa espressione gli storici fanno riferimento al progetto post ri formistico di stabilire un più capillare controllo su tutti gli aspetti della vita delle popolazioni al fine di ottenere una società più compatta, meno culturalmente differenziata e più obbediente alla Chiesa e allo Stato. Il bambino diventa cosi oggetto di un'attenzione che accomuna filosofi, politici, ecclesiastici; oggetto di un'azione mirata che punta a ridefinire le caratteristiche, gli attributi, le competenze. Si tratta di un percorso che ne evidenzia l'importanza e la centra lità non solo per la famiglia, ma per la società e lo Stato.

La nuova sensibilità verso l'infanzia e l'esigenza di disciplinare i comportament sociali a partire dalla più tenera età produssero sul piano pedagogico una duplice conseguenza:

un approccio alla crescita infantile caratterizzato da regole ben precise  collaudate che scandivano la vita infantile in modo dettagliato e nulla molto poco) lasciavano all'iniziativa del bambino o del fanciullo: una net prevalenza del principio di autorità su quello della libertà, in un vero e pro-

prio culto dell'obbedienza (il caso di Silvio Antoniano è al riguardo molto

indicativo); l'avvio, d'altro canto, di iniziative concrete (per esempio le scuole popolari), studi e riflessioni che cominciarono a concepire l'infanzia come un'età da

curare, amare e valorizzare, non solo da reprimere (lo stesso Antoniano nella sua severità riconosce l'esigenza della moderazione e affida al padre- verso i figli).

e dunque non a una figura esterna alla famiglia - la responsabilità educativa

Se non si pone attenzione a questa duplice concezione dell'infanzia e, soprat- tutto, alla sua visione positiva - a lungo certamente oscurata da pratiche molto rigorose-non si comprende come sia possibile tra Illuminismo ed età roman- tica l'emergere di una visione "buona" del fanciullo, espressa da Rousseau e Pestalozzi (vedi unità 4).

L'educazione tra famiglia e scuola Tra XVII e XVIII secolo (con mag- gior forza in età illuministica) la famiglia diviene il soggetto educativo per eccellenza: ai suoi buoni propositi danno ampia rilevanza gli autori della pub- blicistica pedagogica. I genitori hanno meriti e colpe, sono portati ad esempio o disprezzati quando mancano ai loro doveri.

A livello ideale ricorre l'immagine di famiglia che alleva amorosamente i fi- gli e li accompagna verso i destini della vita. I manuali di vita spirituale tra Seicento e Settecento e le raccomandazioni ai parroci, in linea con l'insegna- mento dell'Antoniano, indicano ai genitori di prevenire il male ed essere sol- leciti nel curare l'educazione dei figli. L'attenzione, comunque, non si rivolse proprio a tutti i bambini: punto di riferimento rimasero le classi medie e alte La realtà tuttavia era purtroppo più brutale. Intanto la famiglia era un'entità

che sul piano sociale si articolava in tante realtà molto diverse: famiglie ari- stocratiche, famiglie alto e medio borghesi, famiglie di artigiani e negozianti e, a un livello ancora più basso, famiglie di contadini e lavoratori subalter- ni. Tempi e modalità educative erano diversi: dalla presenza di un precettore nelle famiglie altolocate alla semplice frequenza, quando andava bene, della scuola parrocchiale.

Tra il destino di un bambino che nasceva in una ricca famiglia urbana e quello che invece vedeva la luce in uno sperduto villaggio c'era una distanza incol- mabile. Occorre precisare che l'ignoranza e l'analfabetismo, contrariamente a quanto pensiamo oggi, non erano visti come limitazioni alla vita sociale: si poteva essere sudditi fedeli anche se non si sapeva leggere e scrivere. Il valo- re di una persona era assegnato soprattutto in base alla sua laboriosità e alla sua capacità di mantenere la famiglia.
Anche all'interno delle famiglie di buona condizione, poi, persistevano pro- blemi talvolta sottili e latenti che rendevano meno lineare il "sentimento dell'infanzia", che doveva affrontare ostacoli non facili da superare: la re- gola della primogenitura che creava inevitabilmente una gerarchia tra fratelli, le posizioni di dipendenza delle figlie rispetto ai fratelli maschi, le nascite non volute o diverse rispetto alle attese.

La nascita delle "piccole scuole" A fianco della famiglia la scuola, a sua volta, acquisi gradualmente uno spazio sociale sempre più rilevante. Per ciascuna tipologia di famiglia era previsto un diverso itinerario educativo escolastico, più ampio e articolato per i rampolli delle famiglie altolocate, me- no ambizioso per i figli di genitori poco abbienti.

La principale novità che si affermò tra XVII e XVIII secolo fu l'emergere di scuole elementari destinate a coloro che, per la loro estrazione sociale, non potevano conseguire un titolo di studio. Questo fenomeno fu comune sia ai Paesi di area cattolica sia a quelli di area protestante.

Queste scuole - nelle quali i maestri usavano la lingua corrente - furono chia- mate in Francia e negli altri Paesi francofoni "petites écoles" (piccole scuole) e in Italia "scuole di carità" per distinguerle dalle scuole inferiori finalizzate allo studio del latino (la padronanza di questa lingua era infatti, come sappiamo, il requisito primo per seguire i corsi secondari).

Maestri e scolari L'origine e la diffusione delle "piccole scuole" fu quanto

mai variegata e s'intrecciò spesso con il bisogno degli adulti analfabeti (in netta prevalenza uomini) di imparare almeno a leggere. Non era raro che nelle scuo le senza latino sedessero, fianco a fianco, bambini, ragazzi e addirittura adulti: la composizione di una classe era infatti legata alle conoscenze già acquisite, non all'età. La frequenza era assai flessibile e connessa in genere al calendario agri- colo: dalla primavera inoltrata al tardo autunno le scuole erano chiuse. Nelle zone di montagna le popolazioni erano più alfabetizzate rispetto a quelle residenti in pianura: il fenomeno è evidentemente da collegare alla maggiore durata dell'in- verno, che lasciava più tempo da dedicare alla frequenza della scuola.

Apprendimento inoltre l'ha scritto da fasi prefissati rigidamente prima si impara a leggere e poi a scrivere in piena conteggiare. La maggior parte degli allievi si fermava al primo stadio è soltanto l'inizio di dicembre 196 secolo introduce dell’insegnamento contemporaneo per leggerlo del forticonte? La conoscenza della scrittura del calcolo furono considerati abilità professionali che cade davano accesso a piccoli impieghi come lo scrivano il contabile.

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